PAGAMENTI ELETTRONICI. Credito di imposta sulle commissioni bancarie dal 1° luglio 2020

di Vincenzo Pollastrini

Art.22, D.L. n.124/2019 

Il credito di imposta spetta nella misura del 30% delle commissioni addebitate da parte delle banche per le transazioni con carte di credito, di debito o prepagate

Riguarda soltanto le commissioni addebitate su cessioni di beni e prestazioni di servizi rese nei confronti dei consumatori finali

Possono usufruire del credito di imposta esclusivamente imprese o professionisti (che accettano strumenti di pagamento elettronici), con ricavi o compensi relativi all’anno di imposta precedente non superiori ad € 400.000

A CHI SPETTA IL CREDITO DI IMPOSTA IN VIGORE DAL 1° LUGLIO 2020

Il bonus è attribuito a imprese, anche in forma societaria, e professionisti, tenuti al versamento delle imposte in Italia, che nell’anno di imposta precedente non abbiano superato un ammontare di ricavi o compensi pari ad € 400.000.

Il beneficio spetta ovviamente soltanto a imprese e professionisti che accettano di essere pagati con strumenti elettronici (carte di credito, di debito, prepagate).

Ogni anno occorre pertanto verificare la situazione contabile e fiscale del periodo di imposta precedente, seguendo le regole dei rispettivi regimi contabili.

Ciò significa, ad esempio, che di norma i professionisti dovranno calcolare il limite secondo il criterio di cassa (incassi dell’anno precedente).

Le imprese dovranno applicare invece il principio di competenza economica, a meno che non si tratti di semplificati in regime di cassa puro, o per registrazioni.

A QUANTO AMMONTA

L’importo riconosciuto è pari al 30% delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante carte di debito, di credito o prepagate.

Attenzione: non tutte le transazioni consentono di ottenere il credito di imposta. Entrano infatti nel calcolo soltanto le vendite o le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di consumatori finali

Come spiega l’Agenzia delle Entrate nel Provvedimento n.181301 del 29 aprile 2020, sono consumatori finali le persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta.

Ad esempio, un avvocato che acquista un romanzo agisce (salvo casi particolari) come consumatore finale (all’esercente spetta il credito di imposta); lo stesso avvocato che acquista un testo giuridico non assume la qualifica di consumatore finale (all’esercente non spetta il credito di imposta). 

In qualche modo le banche dovranno consentire di comprendere, nell’ambito delle commissioni, quali siano quelle relative ai consumatori finali.La Banca d’Italia, nel Comunicato del 21 aprile 2020, indica un criterio per le carte di pagamento, specificando che verranno prese in considerazione soltanto le operazioni effettuate mediante le carte consumer, ovvero emesse nei confronti di consumatori finali.

Si tratta di carte diverse da quelle business, che sono invece emesse a favore di aziende, artigiani, professionisti, per le spese connesse all’esercizio delle varie attività. 

Inevitabilmente emergeranno errori. 

Nell’ambito di milioni di transazioni, può accadere con una certa frequenza che acquisti personali vengano effettuati con carte business, o viceversa. D’altro canto, senza un criterio certo ed oggettivo, sarebbe impossibile gestire un credito di imposta così concepito. 

QUALI SONO I PAGAMENTI ELETTRONICI AMMESSI AL BONUS

In primo luogo l’emittente della carta di credito, di debito o prepagata deve possedere la qualifica di prestatore di servizi di pagamento autorizzato, che svolge la propria attività nel territorio della Repubblica Italiana, anche senza stabilimento.

E’ inoltre necessario che il prestatore di servizi di pagamento (solitamente una banca, ma anche Poste italiane, intermediari finanziari abilitati, ecc.) abbia stipulato con l’esercente un accordo di convenzionamento

Si tratta del contratto finalizzato all’accettazione e al trattamento delle operazioni di pagamento basate su carta o altro strumento di pagamento elettronico tracciabile, con trasferimento di fondi all’esercente per cessioni di beni o prestazioni di servizi.

Non conta la nazionalità della banca, ma l’accettazione sul territorio nazionale da parte dei soggetti convenzionatori. E’ pertanto possibile che nel credito di imposta rientrino le commissioni di una carta emessa da banca statunitense, e utilizzata dal consumatore finale presso un esercente italiano. 

Il contratto di convenzionamento può essere stipulato anche con un soggetto diverso rispetto alla banca con la quale si intrattiene il rapporto di conto corrente. 

Attenzione: le commissioni che generano credito di imposta sono soltanto quelle relative a carte di credito, di debito e prepagate. In nessun modo rientrano assegni o bollettini di conto corrente, anche se si tratta di strumenti che garantiscono la tracciabilità del flusso finanziario.

D’altro canto le carte di pagamento non sono l’unico mezzo di pagamento elettronico ammesso al beneficio. Rientrano infatti tutte le ipotesi in cui all’esercente vengono offerti servizi a valore aggiunto per l’accettazione di strumenti di pagamento elettronici, quali applicazioni (App) che consentono il colloquio tra esercente e pagatore, ovvero sistemi in grado di generare codici bidimensionali, QR (quick response) code, contenenti le informazioni sul pagamento e leggibili attraverso dispositivi (compresi smartphone) in dotazione all’esercente o al pagatore.  

LE COMMISSIONI SULLE QUALI SI CALCOLA IL CREDITO DI IMPOSTA DEL 30%

Non tutte le commissioni relative alle carte di pagamento danno diritto al bonus.

Esistono infatti differenti tipologie di contratti tra esercenti e soggetti convenzionatori per l’accettazione di servizi di pagamento elettronici. La Banca d’Italia effettua in via principale la seguente distinzione:

  1. Contratti che prevedono una commissione esclusivamente sulle singole transazioni, senza canone per la fornitura del servizio di accettazione (es. canone di locazione per il terminale).
  2. Contratti che prevedono una commissione sulle singole transazioni ed un canone periodico per la fornitura del servizio.
  3. Contratti con tariffe a pacchetto, che prevedono un costo fisso periodico in cui è compreso, oltre (eventualmente) al servizio di accettazione, anche un certo numero di operazioni in franchigia, al superamento del quale vengono applicate commissioni sulle singole transazioni eccedenti. 

Il credito di imposta spetta in tutti e tre i casi per le commissioni sulle transazioni effettuate, non sul canone periodico per il servizio.

Per le tariffe a pacchetto si prende in considerazione anche il costo fisso periodico, comprensivo di un certo numero di operazioni in franchigia. 

IL CREDITO DI IMPOSTA E’ UTILIZZABILE IN COMPENSAZIONE

Il canale è, come sempre, il modello F24, che consente di compensare debiti e crediti relativi a tributi e contributi, secondo le consuete regole e limitazioni. 

La compensazione può avvenire a decorrere dal mese successivo a quello di sostenimento della spesa.

Per conoscere l’importo delle commissioni su cui calcolare il 30% di credito di imposta, l’esercente deve attendere una comunicazione telematica dalla propria banca (o soggetto convenzionatore che gestisce il servizio di pagamento). 

Si presume che molti istituti di credito ricorreranno ad apposite pubblicazioni sul sito dell’home banking, o alla PEC

E’ consigliabile prendere contatto con la propria banca per conoscere preventivamente il canale che verrà utilizzato.

La comunicazione, che deve avvenire entro il 20 del mese successivo a quello di riferimento, conterrà:

  • Elenco delle operazioni di pagamento effettuate nel periodo di riferimento (periodo in cui sono state effettuate le operazioni di pagamento).
  • Numero e valore totale delle operazioni di pagamento effettuate nel periodo di riferimento.
  • Numero e valore totale delle operazioni di pagamento effettuate nel periodo di riferimento da consumatori finali (le uniche ammesse).
  • Prospetto descrittivo delle commissioni addebitate all’esercente nel mese di addebito (di solito, mese successivo a quello di riferimento), che consenta di individuare l’importo ammesso a beneficio, in base alla tipologia di contratto utilizzata. 

Esempio. Nel mese di luglio maturano commissioni per transazioni effettuate nel mese stesso, per € 100.

La banca comunica all’esercente tale importo, specificando il modo in cui è calcolato (per consentire di verificare se esistano voci non ammesse al bonus) entro il 20 agosto. Agosto è anche, nell’esempio, il mese di addebito, ovvero quello in cui effettivamente le commissioni, maturate a luglio (mese di riferimento), vengono “pagate” dall’esercente.

Da settembre l’esercente può portare in compensazione (nell’esempio, € 30) l’importo del bonus in F24.

Esistono contratti che prevedono l’accredito delle somme spettanti all’esercente già decurtate delle commissioni. Anche in questo caso le commissioni devono essere comunicate entro il 20 del mese successivo. 

Esempio: nel mese di luglio l’esercente incassa mediante carta di credito € 9.900 (incasso lordo di € 10.000, decurtato di una commissione di € 100). La banca comunica tale circostanza entro il 20 agosto. Da quel momento (senza attendere settembre) si ritiene sia possibile fruire del credito di imposta. Nel caso in esame infatti l’esercente ha “pagato” la commissione, mediante decurtazione, già a luglio. 

Il credito di imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di maturazione del credito, e nelle dichiarazioni successive, fin quando il credito è stato completamente utilizzato. 

Si tratta di un credito di imposta non tassato ai fini IRES, IRPEF, IRAP, e che non decurta la percentuale di deducibilità di interessi passivi e spese generali.

Per ovvie finalità di controllo, gli operatori finanziari sono tenuti a trasmettere tutte le informazioni necessarie anche all’Amministrazione finanziaria.

Si consiglia di monitorare costantemente i crediti di imposta che, come quello in oggetto, sono soggetti ai limiti massimi previsti dall’Unione Europea (c.d. de minimis

Viste le dimensioni solitamente ridotte delle aziende e dei professionisti che utilizzeranno tale credito di imposta, è difficile ipotizzare sforamenti dovuti al solo 30% delle commissioni. In realtà occorre cumulare tutti i crediti di imposta, per verificare il rispetto dei tetti massimi stabiliti in sede europea.

Pubblicheremo prossimamente sul nostro sito un’analisi di questo tipo (limiti de minimis), visto l’uso sempre più frequente dei crediti di imposta, a causa dei vari provvedimenti collegati alle conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria. 

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Anzio, 3 luglio 2020 

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